Il contadino non si interessava di progressi politici e materiali di cui non sospettava nemmeno la possibilità.
La coltivazione mista praticata sul suo dominio lo metteva al riparo dal bisogno, dai capricci del consumo.
L'unità di fede allora regnante, la sincerità delle sue credenze gli facevano accettare la sua condizione terrestre perchè egli aveva appreso dal suo curato, e ne restava tutta la vita convinto, che la vita terrestre non è tutto, che bisogna prenderla coma la Provvidenza l'offre a ciascuno, con le sue gioie e le sue prove; che la salvezza eterna è il vero scopo, che può essere raggiunto in ogni condizione e più facilmente nelle umili che nelle agiate; che il dovere consiste nel fare del proprio meglio perchè il lavoro è la legge della natura; che nessun lavoro è degradante in sè; che lo sforzo e il sacrificio sono le condizioni del progresso e che l'accettazione modesta e semplice del dovere che deriva dal proprio stato dà alle azioni più infime come alle prove più nascoste un merito infiito per l'altra vita, solo scopo del suo breve passaggio in questa "valle di lacrime".
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