Insomma, si possono individuare 4 fasi.
La prima fase è preliminare, di durata variabile in cui l'attenzione è sull'oggetto.
Lo studio, lo immagino da qualsiasi angolazione, ne percepisco la forza e l'importanza, la sua presenza è indispensabile, immagino di poterlo governare e di vincerne la resistenza, tutto me stesso è disposto in funzione dell'oggetto.
In questa fase non devo pensare alla paura.
L'oggetto piò ingannare infatti, dopo aver preso coscienza della forma devo concentrarmi sul fine.
Ed è molto difficile.
La seconda fase è la fase del contatto, dell'incontro. Tanto più la fase preliminare è avvenuta in modo accurato, quanto più il contatto è veritiero, leale. E' una fase spesso molto breve che viene trascurata se il contatto è automatico e abituale. L'idea che avevo nella testa dell'oggetto può o meno corrispondere alla realtà. In questo caso l'occhio opera più dell'immaginazione, i sensi prevalgono sull'idea.
E poi c'è la terza fase chiamata dell'abbandono perchè la mente non percepisce bene quello che succede. E' quella specie di fiducia di chi chiude gli occhi e si tuffa nell'acqua.
La scianza che regola le forze è difficile da penetrare, fino alla fine rimarrà un mistero.
Però qui entra in gioco anche un tentativo di autoconvincimento che tutto è stato fatto perfettamente: l'idea, il contatto, la scelta.
Sembra la fase dello sfogo, della libertà. Poi si attiva l'udito e si sentono rumori o silenzio.
L'ultima fase è quella dello stupore per essere stato ad un passo dal capire il mistero delle forze ed essere stato più grande e migliore di come eri all'inizio, il tutto prima di incappare in un altro, ennesimo oggetto.
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3 comments:
era ora che venisse aggiornato!!
C.
I commenti è bene che siano inerenti al post
RIFLESSIONE DA CHI CREA OGGETTI
Qualsiasi oggetto può comunicare qualcosa a chiunque...ma un progettista come fa ad “attribuire” un significato ad un oggetto e comunicarcelo?
La forma segue la funzione?
Ci innamoriamo di oggetti improbabili (come uno scatolone) – collezioniamo oggetti come soprammobili progettati invece per essere usati.
Qualsiasi sforzo che può compiere un progettista per creare un oggetto attraente, funzionale, che soddisfi esigenze più svariate, facile da capire, da usare, non sarà mai sufficiente per instaurare quel legame personale che si crea tra noi e l’oggetto.
Perché?
Perché, siamo noi a farlo!
Siamo noi a dare un significato all’oggetto.
E nessun altro potrà farlo al posto nostro.
Qualcuno ci può impedire di usare uno scatolone come mobile? Certamente no.
Gli oggetti che possediamo rappresentano la nostra personalità.
Ormai il progettista dovrebbe smetterla di produrre oggetti...Dovrebbe fermarsi prima:
non creare oggetti, ma offrire gli strumenti per la sua realizzazione.
FEDE
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